“FRA-INTENDIMENTI”, DI KAHA MOHAMED ADEN
di Massimo Jevolella
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«Risorsa? No, basta con questa parola. Gli immigrati devono essere considerati innanzi tutto come degli esseri umani, e non solo come risorse utili alla crescita dell’economia». Kaha Mohamed Aden ha un moto di indignazione, mentre parlo con lei in un caffè del centro di Pavia.
Kaha è somala, ma già da anni è anche cittadina italiana. Nel 1986, quando era un’adolescente, fuggì dal suo Paese che stava per trasformarsi in un inferno. Suo padre era un importante ministro del governo di Siad Barre: osò opporsi al despota, osò proporre timide riforme democratiche, fu destituito, incarcerato, sepolto per anni nel buio di una cella d’isolamento. Fu allora che Kaha, idealista e ribelle come suo padre, capì di dover fuggire da Mogadiscio. Prima di essere risucchiata anche lei nel gorgo di una violenza che non lasciava scampo.
In Italia ha studiato, si è sposata, ha trovato la sua via. Si è stabilita da tempo a Pavia, lavora nel volontariato, si occupa di immigrazione e di intercultura e
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scrive. Ha pubblicato un libro: “Fra-intendimenti”, Edizioni Nottetempo, in cui racconta alcuni episodi della sua vita in Somalia, e poi il viaggio per l’Italia, il non facile incontro con la nuova realtà, il trauma culturale del salto tra due mondi totalmente diversi, ma il tono del racconto non è mai drammatico. Ironia e ottimismo sono i segni peculiari della voce di questa donna, sempre aperta al sorriso, e che tuttavia ha sofferto – in altri tempi e in |
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modi forse un po’ più umani – gli stessi problemi che oggi vengono patiti dalle schiere dei nuovi immigrati extracomunitari.
L’ottimismo di Kaha è palese, anche nella sua visione dei fatti più recenti. Vede nelle rivoluzioni di Tunisi e del Cairo due esempi luminosi: «Quando vedevo questi ragazzi in lotta contro i loro corrotti dittatori lo stupore mi travolgeva. Nella mia Somalia, la cacciata del dittatore Siad Barre ha aperto la strada a dei piccoli tiranni che hanno compiuto massacri, distrutto il Paese e infine rubato il futuro a intere generazioni di somali. Mi piacerebbe tanto scoprire questo “sapere” che ha dato risultati per ora straordinari, cioè tentare di abbattere una dittatura senza distruggere la patria. Come hanno fatto? Almeno
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