PARLIAMO DI ALZHEIMER CON IL DOTTOR PIETRO VIGORELLI
                                              di Antonella Fasolato

     Pietro Vigorelli è medico e psicoterapeuta ad indirizzo conversazionale. Nel corso degli anni si è specializzato in malattie dell'apparato digerente, in Psichiatria e in Medicina interna; è stato responsabile della Degenza Riabilitativa dell'Ospedale San Carlo Borromeo (Milano) e coordinatore per le attività pratiche del Corso biennale di formazione in Medicina Generale della Regione Lombardia; inoltre è fondatore e presidente del Gruppo Anchise (Associazione per la ricerca, la formazione e la cura della persona anziana centrata sulla parola e sull'Approccio capacitante) e docente al Corso di Laurea in Terapia Occupazionale della Facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di Milano e alla Scuola di Psicoterapia IRIS di Milano.
     Dopo l’introduzione pubblicata il mese scorso, per affrontare il tema dell’Alzheimer nel modo più corretto possibile ci siamo rivolti al dottor Vigorelli, che ci ha ricevuti nel suo studio di Milano.
     Dottor Vigorelli, iniziamo con una premessa scontata ma necessaria: ci parli dell’Alzheimer.
     “Io mi trovo un po’ a disagio nel parlare di ‘malattia’ e preferisco parlare di ‘persone che hanno la malattia’, questo perché la malattia di Alzheimer è una


diagnosi medica che risponde a degli esatti criteri diagnostici, ma quando si arriva a fare la diagnosi di malattia di Alzheimer, tale diagnosi abbaglia, cioè dal momento che il medico o lo psicologo, di solito il neurologo, dice ai familiari ‘suo papà o sua moglie ha la malattia di Alzheimer’, a partire da quel momento, anche se la diagnosi è precoce, chi sta intorno a questa persona vede solo la malattia, nonostante sia una persona ancora autosufficiente. Ho avuto una professoressa universitaria che ha insegnato ancora per un anno dopo la
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