presunti opinion leader, i quali, generalmente, cambiano ogni 5-6 anni.
     Questi nuovi collezionisti vengono “formati” e plasmati con logiche esattamente identiche al sistema consumista nel quale viviamo, quindi, il loro interesse è rivolto ad artisti, che espongono già trentenni in alcuni musei pubblici vincolati a “gallerie private”, le quali presentano a loro volta questi stessi artisti nelle fiere di settore, sempre più simili a supermercati e a vetrine; il collezionista a questo punto risponde esattamente a meccanismi di mercato già noti e cioè segue la massa, comprando quello che conosce e che lo rassicura.
     Semplice e banale è il meccanismo più vecchio del mondo e applicarlo al mondo dell’arte è semplicissimo, rimane il fatto che le mode passano e solo gli artisti veri restano. Per confermare questa tesi basta sfogliare una qualsiasi rivista d’arte vecchia di dieci anni, tanto per non far nomi Flash art o Arte, per vedere quanti artisti si siano sgonfiati o addirittura volatilizzati.
     Una parte importante di questo sistema è rappresentata dagli opinion leader o curatori a termine (nel senso che passano) e a ritenuta d’acconto (nel senso che se li paghi scrivono bene di chiunque), parte di un ingranaggio e di un sistema che sempre di più assomiglia a quello della finanza e della Borsa, con la sola differenza che il reato di insider trading (coloro che manipolano il mercato finanziario dall’interno n.d.r.) non è punibile nel sistema dell’arte come lo è in Borsa. Quindi, curatori di Musei, Galleristi e Critici diventano al tempo stesso arbitri e giocatori della stessa partita.
     Arrivati a questo punto della discussione va comunque snocciolato qualche dato positivo per quanto riguarda il mercato dell’arte nel suo insieme: secondo uno studio condotto da William N. Goetzmann, direttore dell’International Center for Finance at the Yale School of Management, dal 1900 al 1980, l’investimento in arte ha offerto un rendimento medio annuo in dollari superiore al 17%. Un altro studio condotto da David Kusin, fondatore della società americana di consulenza Kusin & Company, ha dimostrato che dal 1988 al 1998 le opere della pittura americana hanno reso mediamente il 14% annuo in dollari.
     Tra il 1974 e il 1982, il fondo pensione delle ferrovie inglesi ha investito una parte del proprio patrimonio in opere d’arte; tra il 1987 e il 1989 liquidò l’investimento con un rendimento annuo del 15,3%. Quindi, investire in arte è senz’altro opportuno e utile a tutta la società civile, la quale, anche attraverso l’arte e la cultura, cresce, ma dev’essere fatto con una logica lungimirante e con una cospicua dose di passione e di piacere nel possedere un’opera d’arte e, soprattutto, con conoscenza.
     Il mio consiglio è di privilegiare sempre i grandi maestri che abbiano realmente inciso nella storia dell’arte (sono moltissimi e costano poco), oppure

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