Tuttavia, è sul volto del Buddha che in realtà si concentra il massimo della potenza spirituale del simbolismo. Il volto è disteso, sereno, raggiante di una gioia contenuta e severa, appena espressa nell’allusione delicata della bocca che accenna a un sorriso tutto interiore, assai lontano dal compiacimento sensuale. Tra gli occhi, ecco il segno lieve della “urnà”, il punto splendente che coincide con l’occhio della mente, il terzo occhio, la visione intellettiva aperta sui misteri dell’Invisibile. Le orecchie, poi, presentano una caratteristica strana: i lobi sono allungati, talvolta fino a scendere al di sotto del mento e quasi a sfiorare le spalle. Una pura bizzarria? No, naturalmente; i lobi allungati alludono infatti alla nobiltà della stirpe a cui apparteneva il Buddha, perché i nobili, in Oriente, erano soliti adornarsi con dei pesanti orecchini che, costantemente appesi alle orecchie, producevano con l’andare del tempo l’allungamento dei lobi. Va da sé che nel caso del Buddha quel segno di nobiltà trascende la realtà umana e sociale, per farsi simbolo di eccellenza spirituale.

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