Ancor oggi, nell’epoca di Facebook e di Twitter, poco o nulla è cambiato nei vicoli di Fes al-Bali e di Fes al-Jadid. Questa vita che si riproduce intatta da secoli scorre sempre come un sangue fresco e giovane nelle intricate vene dell’immensa Medina che ospita non meno di trecentomila residenti, ai quali si aggiungono nelle ore diurne almeno duecentomila persone indaffarate in varie occupazioni, oltre a un flusso costante e considerevole di turisti (viene spontaneo il paragone con Venezia, dove al contrario l’ormai esigua popolazione locale è quasi sempre in minoranza numerica rispetto alla marea di forestieri di passaggio).
     Fino a quando sarà possibile il miracolo? Negli anni passati molti allarmi sono stati lanciati sui pericoli mortali che insidiano la Medina. Sono esplose le polemiche e le inevitabili battaglie politiche tra i fautori di un radicale rinnovamento della città di Fes nel suo complesso (più interessati all’ampliamento dei quartieri moderni “fuori le mura”) e i difensori della conservazione integrale dell’abitato medievale. Lo sprone più vivace alla politica dei restauri partì già nel 1980 dall’Unesco perché proprio allora, sotto la pressione di una forte immigrazione dalle aree rurali circostanti, l’antica Medina cominciò a dare segni evidenti di sovraffollamento e di degrado: rete idrica e fognaria insufficiente, edifici pericolanti, sporcizia e inquinamento, ma da allora, nonostante gli sforzi e i buoni propositi, ben poco è stato fatto.
     Pochi anni fa il crollo di una casa in rue Ain al-Khail ha travolto una moschea adiacente uccidendo una dozzina di fedeli in preghiera. Poi, ad aggravare le difficoltà, dal 2008 è arrivata anche la grande crisi economica globale. Ma al di là di tutto rimane un dato di fatto: gli abitanti della Medina non hanno nessuna intenzione di lasciare le loro case per andare a vivere in qualche alloggio popolare della città moderna. Il cuore antico del Marocco continua a battere ostinatamente.
     I sociologi dicono che tutto ciò deriva dal fatto che l’economia della Medina è ancora viva. Non è una finzione per turisti, ma probabilmente la spiegazione economica non basta, c’è anche una ragione culturale più profonda. La stessa che il grande mistico marocchino Al-Arabi al-Darqawi espresse nel concetto di “nostalgia spirituale”. È infatti una struggente nostalgia quella che lega il Marocco di oggi alle sue radici culturali e al suo splendido passato. Al-Darqawi diceva: «Colui che cerca l’acqua un po’ qua e un po’ là non si disseterà mai; colui che scaverà in un solo punto si disseterà e potrà offrire da bere anche agli altri.»
     Il Marocco, pur nel suo declino storico, è rimasto fedele a quel punto e ha continuato a scavare là: ecco perché oggi un luogo come la Medina di Fes può offrire da bere qualcosa di diverso e di autentico anche ai viaggiatori che vi si recano per una breve visita turistica.

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