fatto che Bergamo, analogamente alle città a lei confinanti nel tentativo di porre fine alle lotte continue, aveva perentoriamente obbligato con minaccia di gravi pene tutti coloro che possedevano torri o fortilizi a farne consegna al Comune stesso.
     Originariamente, la sommità della torre terminava con quattro bassi piloni sormontati da un tetto in legno a travi, ma il 7 settembre 1486, mentre si suonava a festa e si facevano fuochi di artificio in segno di gioia, accidentalmente, il tetto prese fuoco e in breve fu completamente distrutto insieme al castello che alloggiava le campane. Il Civico Consiglio del Comune fece subito restaurare la torre disponendo però che la sua sommità venisse ultimata con arcate in pietra, più sicure. L’incarico della ricostruzione fu affidato a Bartolomeo Maffeis di Ponte San Pietro, detto “il Morgante”, che assunse l’appalto delle opere al prezzo di 24 lire imperiali “al cavezzo”, obbligando però la città alla fornitura di pietra, calce, sabbia, ferramenta e legnami. Secondo il progetto del Morgante, la torre doveva essere ultimata con un cornicione sovrastante una balaustrata e con gli stemmi del Contarini e del Mauroceno.
     Nel 1552, quando il Morgante morì, i lavori continuarono, ma la primitiva idea di ultimazione della torre sembrava al Comune poco consona ad una torre di tipo militare, quindi si stabilì di sostituire la balaustrata con un più severo parapetto di ferro, tutto attorno alla cupola centrale, mentre gli stemmi previsti non furono eseguiti. Inoltre, nel 1639, sulla sommità fu posizionata la statua in rame del Protettore Santo Alessandro e tutta la superficie intorno fu ricoperta con solide lastre di piombo; disgraziatamente, nella notte del 25 giugno 1681, un violento incendio, che si disse provocato da un fulmine, distrusse la statua e le lastre di piombo caddero liquefatte tutto intorno.
     Il Campanone, nel suo assetto originario presentava un’altezza dal suolo pari a 37,70 metri e la sua sommità era coronata da quattro merloni angolari, i quali dovevano sorreggere la copertura. Non erano presenti volte, nemmeno sulla sommità; quelle che troviamo documentate in uno scritto del 1834 furono aggiunte in un secondo tempo. Sia il piano di uso sommitale quanto le scansioni orizzontali interne (i piani intermedi) furono realizzati con impalcati lignei poggianti su travi alloggiati in fori pontai quadrati, poco profondi (una sorta di nicchie) presenti a coppie sui due lati opposti dei vani, a diversi livelli: questi fori furono forse utilizzati anche per l’appoggio di una scala lignea interna, simile a quella rappresentata in un documento del 1834, mantenuta fino a qualche decennio fa, quando venne sostituita da quella attuale in cemento.

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