“Un bambino da strappare alla morte, un chirurgo che si crede Dio”. Così si legge sul retro di copertina di questo romanzo d’esordio di Giovanna Zucca, piemontese di nascita ma veneta d’adozione, infermiera strumentista e aiuto-anestesista con la passione per la filosofia. È un libro piccino, svelto da leggere, che appassiona il lettore alla vicenda fin dalle prime pagine. È difficile non immedesimarsi con la madre, voce dolente sullo sfondo della storia, la quale non si da pace perché si ritiene responsabile del terribile incidente che ha coinvolto il suo bambino, Davide. Un bimbo coraggioso, che ora si trova prigioniero in un non-luogo, dove le persone che lo amano non lo possono raggiungere, sospeso così fra la vita e la morte.
All’ospedale, dove il bimbo viene trasportato con la testa fracassata, fra la disperazione e lo sgomento di tutti, ci si rende subito conto che se c’è una persona in grado di salvarlo questo è il dottor Pierluigi Bozzi, primario del reparto di Neurochirurgia, soprannominato “il Cafone”: un chirurgo brillante, il migliore dell’ospedale, ma dal carattere insopportabile, antipatico con tutti, scontroso e maleducato al limite dell’impossibile, ma dalle mani incredibili, mani che sanno compiere miracoli laddove gli altri non osano nemmeno un tentativo.
Proprio le mani, così come si intuisce dal titolo, sono il “fil rouge” di questo romanzo: mani calde di infermiere che consolano, mani fredde di medici che visitano, mani che curano, mani che accarezzano, mani che ti stringono forte e ti dicono di non mollare. È incredibile il racconto di Davide che, essendo in coma a causa del trauma cranico subito nell’incidente, contrariamente a quanto tutti pensano non è assente dalla vita, ma con la vita instaura un dialogo giocoso, come solo un bambino, con la sua ingenuità, sa fare. È proprio con questa sua ingenuità che riuscirà ad instaurare un dialogo con “il Cafone”, il quale, non riesce a spiegarsi il perché, si sente attratto da questo piccolo ometto che lotta per la propria vita.
Pagina dopo pagina, il dialogo fra i due si fa sempre più serrato, più avvincente; riuscirà questo legame di sentimenti contrastanti, l’uomo cinico e poco incline a farsi voler bene e il bambino ingenuo che ama sinceramente e si fida, a guarire il malato? E poi, chi dei due è il vero malato? Il bambino che giace in un letto di rianimazione o il chirurgo brillante dalla vita perfettamente sotto controllo? Chi salverà chi?