vedere assai criticabile e molto italiana, la Legge Levi non stabilisce sanzioni adeguate per quegli editori che non vi si conformano, con frequenti casi di scontistica “fuori legge”, la quale ha permesso, a chi li ha messi in atto, guadagni ben maggiori di qualsiasi relativo provvedimento sanzionatorio, peraltro difficilmente comminabile per la mancanza di adeguati strumenti giuridici in mano a chi rileva le trasgressioni.
     Così, come già osservato prima, a fronte di chi sostiene gli effetti negativi della legge italiana, c’è chi asserisce che gli effetti negativi sono dati proprio dalla non osservanza del testo di legge: e il dibattito polemico continua…
     Questo è il quadro generale della situazione. Ma a ben vedere c’è un punto molto importante che potrebbe mettere d’accordo tutti, editori, librai e lettori, che tuttavia la Legge Levi non prende in considerazione per il fatto che si concentra su un aspetto della questione, gli sconti appunto, forse non così fondamentale. Ovvero, non è un problema di sconti più o meno alti, bensì di prezzo equo del libro: per tornare ad un esempio estero, è in effetti quanto ha stabilito la analoga legge in vigore da anni in Germania, la quale sostanzialmente sancisce che un certo libro abbia ovunque lo stesso prezzo di copertina, che lo si compri in una piccola libreria di un villaggio di montagna o nell’enorme bookstore di una grande città. E niente sconti, se non (limitati) su testi scolastici e opere di carattere scientifico. Per tali motivi la Germania è ritenuta da tempo il “paradiso del libraio”, garantendo condizioni di equità commerciale quasi assoluta e presentando un mercato editoriale tra i pochi in Europa ancora in buona salute e pressoché privo di alcuna crisi.
     Al di là della situazione tedesca, la cui realtà può essere anche considerata tipica e propria di quel mercato e dunque difficilmente applicabile altrove – auspicando che invece possa e debba esserlo – viene appunto messa in evidenza la necessità di un prezzo certo ed equo per le opere letterarie immesse sul mercato, ciò perché in tal modo sarebbe posto nuovamente al centro di tutto “il libro”, in quanto creazione culturale e dell’ingegno umano e il valore letterario dell’opera stessa, slegandolo da prezzi troppo alti o troppo economici nonché da scaltre e spesso deleterie speculazioni di mero carattere consumistico.
     Il lettore-acquirente, sapendo con certezza che ovunque potrà trovare il libro desiderato allo stesso giusto prezzo, non sarà forzato e non avrà alcun interesse a preferire una libreria piuttosto che l’altra – altrimenti, inevitabilmente, sceglierebbe i grandi bookstore, per mere ragioni di convenienza, piuttosto che le piccole librerie. Per questo quei lettori che sovente ho visto riunirsi in

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