SE CHIUDE UNA LIBRERIA, CHIUDE UN PEZZO DELLA NOSTRA CIVILTÀ
                                              di Luca Rota

     La costante falcidia delle librerie indipendenti, anche a Bergamo e provincia, e le infauste conseguenze che ciò comporta
     Lo scorso agosto 2012, nell’articolo ospitato su questo mensile web e intitolato “In difesa dei librai d’una volta”, dissertavo su come l’attuale conformazione commerciale del panorama editoriale italiano stesse provocando, tra le altre cose, la nemmeno troppo lenta e inesorabile “estinzione” dei librai di quartiere ovvero delle librerie indipendenti, piccole e grandi, spesso presenti nelle nostre città come nei comuni più piccoli, simbolo di una passione professionale (e non solo) per i libri e la letteratura, che le regole del consumismo contemporaneo, le quali hanno ormai intaccato anche il mercato editoriale, non contemplano più come elemento di valore.
     Alcuni eventi accaduti nel frattempo hanno purtroppo confermato la mia esposizione e in particolare uno dei più recenti è stato considerato da molti di particolare gravità: la storica libreria Hoepli di Milano, che è anche casa editrice, fondata nel 1870 e, ad oggi, condotta da Ulrico Hoepli - figura assai significativa della categoria dei “librai d’una volta” - è stata costretta, dall’inizio di questo gennaio, a mettere in cassa integrazione ben sessanta dipendenti, per via di una situazione di mercato che, negli ultimi mesi, si è rivelata particolarmente difficile.
     Hoepli a Milano è “la” libreria per eccellenza, per storia, fama e per onestà editoriale, e la notizia delle sue difficoltà non è che l’ultima di una serie piuttosto lunga che ha coinvolto librerie indipendenti cittadine nel corso dell’anno appena concluso: dalle libreria Utopia e Mondo Offeso, costrette a cambiare sede per gli affitti divenuti insostenibili, alle librerie di Brera e Rovello, le quali hanno chiuso - ma pure sul destino di Hoepli già gravano voci di una possibile chiusura, nonostante le smentite dell’editore, al punto da essere già stati organizzati sit in di solidarietà e di vicinanza contro una tale spiacevole ipotesi. Di contro, sono da denotare pure le difficoltà di simile genere di catene ben più grandi e “istituzionali” - la FNAC, ad esempio - che rivelano come la barca sulla quale tutti stanno è comunque la stessa, navigante in acque sempre meno buone e sempre più piena di buchi nello scafo; tuttavia è inutile dire che la grande catena legata ai grossi gruppi editoriali (e industriali/finanziari, e spesso politici) avrà sempre qualche utile salvagente in più per salvarsi in caso di affondamento imminente, mentre la libreria indipendente, forte soltanto delle

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