Rita Levi-Montalcini fu costretta ad emigrare, insieme a Giuseppe Levi, in Belgio, dove fu ospite dell’Istituto di neurologia dell’Università di Bruxelles e dove continuò gli studi sul differenziamento del sistema nervoso.
Poco prima dell’invasione del Belgio, nel 1940, la scienziata fece ritorno nella propria città natale, Torino, dove allestì un laboratorio domestico nella propria camera da letto, fermamente intenzionata a proseguire le ricerche in campo neurologico, ispirata proprio da un articolo, edito nel 1934, di Viktor Hamburger. Subito dopo, la seguì in Italia anche il professor Levi, che si unì alle sue ricerche diventando, con sua estrema gioia, il primo ed unico assistente: il loro obiettivo era quello di comprendere il ruolo dei fattori genetici ed ambientali nella differenziazione dei centri nervosi e tramite i loro studi gli scienziati compresero finalmente il meccanismo della morte di intere popolazioni nervose nella fase iniziale del loro sviluppo, fenomeno riconosciuto poi soltanto tre decenni più tardi, nel 1972, e definito con il termine di apoptosi cellulare.
Il pesante bombardamento della città di Torino ad opera delle forze anglo-americane nel 1941 costrinse Rita Levi-Montalcini a lasciare di nuovo la città natale e a trovare rifugio nelle campagne dell’Astigiano, dove ricostruì il suo mini laboratorio e riprese gli esperimenti. Purtroppo, nel 1943, a seguito dell’invasione dell’Italia da parte delle forze armate tedesche, la scienziata, con tutta la famiglia, fu costretta a lasciare il Piemonte e a trovare rifugio a Firenze, ospite della famiglia Mori, la cui figlia, pittrice, era amica della sorella Paola; nella città toscana la famiglia Levi-Montalcini vi rimase fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, cambiando spesso alloggio e rimanendo sempre divisa per non essere trovata ed incorrere così nel rischio della deportazione verso i campi di concentramento. Fu proprio in quel periodo che la scienziata entrò in contatto con le forze partigiane del Partito di Azione e nel 1944 prestò la sua abilità di medico nelle forze americane alleate; venne assegnata al campo dei rifugiati di guerra provenienti dal Nord Italia, trattando epidemie di malattie infettive e tifo addominale, ma ben presto si rese conto che questo lavoro non era adatto a lei, in quanto non riusciva a mantenere il dovuto distacco medico dai pazienti e dal dolore intorno a lei. Fortunatamente, in quel periodo doloroso Rita Levi-Montalcini riuscì a non ammalarsi.
Alla fine della guerra, ella fece ritorno a Torino, dove riprese gli studi accademici e il suo laboratorio di ricerca casalingo. Nel 1947 il biologo Viktor Hamburger, medico al quale ella si era ispirata per molti dei suoi lavori scientifici, la invitò a Saint Louis, assegnandole la cattedra di docente del corso