c’era una coppia che veniva dalla Toscana, e dalle loro facce si capiva che il marito era al suo primo appuntamento, che aveva scoperto di avere il mio stesso male da poco. I loro visi erano pieni di domande e di preoccupazione come lo era il mio la prima volta. Non posso immaginare il loro stato d’animo dopo aver incontrato l’équipe.”
     Quando Anna uscì dall’ospedale scoppiò in lacrime. Praticamente le avevano tolto ogni speranza, le avevano comunicato, con la freddezza di un serpente, che sarebbe, prima o poi, crepata a causa di quel male. Non è cosa da poco. È sbagliato dare delle false speranze, ma nemmeno fare tabula rasa di ogni qualsivoglia aspettativa. Si deve avere qualcosa per poter andare avanti, altrimenti si muore dentro, si smette di combattere, e… in effetti, qualcosa per andare avanti c’era. In auto, lungo l’autostrada, ragionando con il suo amato Caregiver, in Anna si scatenò una forza inaspettata che le fece dire “no, non può finire così, non ci credo, non credo a loro e a quello che mi hanno detto!” Il suo ragionamento intelligente e lucido, nonostante l’emotività, fu quello di dividere in comparti stagni i suoi problemi, esattamente come fece il team di Berruti. Esso, infatti, trattò il problema al fegato come se fosse qualcosa di incurabile o, comunque, non di loro competenza, come se loro, che si occupano solo di surreni, non sapessero delle varie tecniche per curarlo. Diversamente, perché non dare una speranza se ci sono varie strade per curare il fegato? Perché non dirlo? Perché non alleviare la sua pena? Per il fegato esiste la tecnica della termoablazione o la TACE, eventualmente anche l’intervento chirurgico. È difficile morire per delle metastasi al fegato, in quanto esso si rigenera; non è una passeggiata, ma si può asportare fino a tre quarti dell’organo e lui si ricostruisce da solo. Mentre per il suo male primario, pensò Anna, ci sono ancora due cicli di chemioterapia da fare e se ci sono stati dei risultati dopo quattro cicli possono essercene degli altri, poi troverà qualcuno che le asporterà il surrene se sarà diventato ancora più piccolo. Mancava solo un passaggio per creare un nuovo ponte di speranza per se stessa, sentire il dottor Canevari e raccontagli tutto. Così fece, allora, immediatamente. Lo raggiunse al cellulare e gli raccontò tutto.
     Canevari è una persona veramente straordinaria, in quanto di base, indipendentemente da ciò che ti deve dire, ti contagia con la sua personale tranquillità. È una dote che dovrebbe essere innata in ogni medico, soprattutto in questo ramo così delicato da gestire. Comunque, Canevari, colto da disappunto per il comportamento dei ricercatori nei confronti di Anna, ha confermato che le

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