Per Marta è subito panico: strilla in modo assordante, grida aiuto, urla inorridita di non chiudere le entrate perché ci siamo noi. Io invece, sorpreso e solo lievemente spaventato, aspetto qualche secondo affinché gli occhi si adeguino al calo improvviso di luminosità. "Si adeguino!". Quando mi rendo conto che è trascorso sufficiente tempo e niente è cambiato, ho la certezza che le circostanze sono ben più gravi di quanto pensassi e divengo terrorizzato.
     È buio pesto, un buio così nero da non riscontrare differenza tra le palpebre aperte e chiuse se non fosse che le comando io stesso.
     Invito Marta a calmarsi e le ordino di attaccarsi con le mani alla mia cintura.
     "Devo riflettere!" Esclamo, ma immediatamente mi controbatte: "No! Non riflettere!". Certo, lei è terrorizzata, ma se non rifletto come……


     "Seguimi senza staccarti mai!" proferisco con tono autoritario, poi inverto la direzione orientandomi verso l'ingresso, sgomentato dal fatto che la luce dello stesso non illumini minimamente la curva appena superata, e decido di avanzare a tastoni riferendomi alla parete sinistra, la quale mi dovrebbe condurre fuori senza interruzioni. È disgustoso quello che sento con la mano: la parete è bagnata, viscida, cosicché preferisco toccarla ad intervalli più o meno regolari. Ciò che mi disgusterebbe maggiormente sarebbe imbattermi in qualche animaletto; "ma quale essere vivente potrebbe vivere in un luogo così inospitale?"
     Ad un certo punto ho come l'impressione di avere una parete davanti e ad ogni mio passo è sempre più vicina; spalanco gli occhi per istinto ma è tutto inutile, vedo nulla di più di prima. Nel frattempo un sentimento di rassegnazione comincia a farsi largo in me.
     Ad un tratto penso: se mi fossi infilato in un altro vicolo cieco sfuggitomi precedentemente? "Oh mio Dio," La paura ora mi assale come non mi è mai
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