"Quel giorno Patrik non era più solamente mio zio, il fratello di mio padre, ma era l'unica persona rimastami al mondo a prescindere da mia sorella, la quale praticamente sopravviveva solo nel corpo che, così giovane, si è ribellato alla morte per qualche mese fino a che ha ceduto, in quanto non si vince mai quella battaglia che prima o poi tutti siamo obbligati a combattere."
Intorno alle 14:00 di quell'ennesimo giorno afoso avevamo già completato il servizio fotografico, in effetti era impensabile proseguire sotto il sole cocente. Tuttavia, prima di riprendere la strada del ritorno, ci ristorammo con bibite fresche e piatti freddi. Ambra ed io ci sedemmo all'ombra di un groviglio di piante ai piedi della pendenza della collina che rimaneva più vicino alla postazione. Fu lì che, senza un apparente motivo, lei cominciò a parlarmi del suo passato. A volte capita di non avere la voglia o la forza di parlare di quanto ci logora dentro, ma tutti sappiamo, se l'abbiamo già vissuto sulla nostra pelle, che parlarne fa sempre bene, è come scaricare parte del nostro fardello sulle spalle di qualcun altro. Ricordo con affetto una mia cara e dolce amica, conosciuta proprio in occasione del peggior momento della mia vita, come se nulla accada per caso, la quale mi diceva sempre di parlarle delle mie agonie, in quanto mi avrebbe rubato un pezzetto del mio dolore ogni giorno per aiutarmi e quella ragazza straordinaria aveva proprio ragione. Lei fu l'unica persona a fare emergere la parte migliore di me. Lei aveva questo dono. Io, invece, non pretendevo di fare altrettanto per Ambra. Di fianco a lei, che mi raccontava i motivi delle sue tristezze, sentivo il mio cuore palpitare velocemente. Non si trattava della mia egoistica euforia che non ho certo nascosto fin dalle prime parole in questa novella, ma dell'inevitabile comprensione di una situazione inaccettabile per una sedicenne, troppo giovane per non avere più tempo da dedicare al gioco, troppo fragile per dover crescere così in fretta, troppo sensibile per rimanere sola in un modo oltremodo violento.
Con quali parole potevo lenire il suo dolore. Dall'apparente altitudine dei miei anni, della mia illusoria esperienza di vita, non potevo fare altro che ammettere umilmente di aver provato qualcosa di simile alla sua situazione, ma non paragonabile alla crudeltà con cui il destino ha deciso di divertirsi con lei. "Tuttavia," le dissi, "è ingiusto nei tuoi confronti che ti punisca in questo modo per qualcosa che non è dipeso da te. Ti senti responsabile in quanto quel giorno la tua famiglia si stava recando a Barcellona per vedere la tua prima sfilata e purtroppo la tua carriera ha inizio proprio quel dì, ma se un destino esiste per ognuno di noi, se quello era il momento per tutti loro, fossero andati anche solo