occultato, e riuscì ad incriminare l’allora emergente boss della mafia Luciano Liggio. Il posto lasciato vacante da Rizzotto fu preso da Pio La Torre, conosciuto da Dalla Chiesa in quella occasione, ma anch’egli fu successivamente ucciso in un agguato mafioso. Il nome del Generale Dalla Chiesa fu poi legato anche alle indagini che vennero effettuate per chiarire le circostanze “misteriose” nelle quali perse la vita l’allora presidente del Gruppo ENI, Enrico Mattei, precipitato con il suo aereo mentre stava atterrando allo scalo di Linate, a Milano.
     La Sicilia che lo accolse, giovane tenente dell’Arma, era quella dominata dalla mafia agraria, una organizzazione retta da “uomini d’onore” quali Don Calò Vizzini, Genco Russo e Luciano Leggio. Per quest’ultimo, chiamato dai suoi uomini “Liggio”, il segretario della Camera del Lavoro di Corleone, Placido Rizzotto, rappresentava una spina nel fianco, in quanto parlava troppo, protestava troppo, intralciava troppo gli “accordi” che venivano presi con i latifondisti proprietari, in una sorta di nuova realtà agricola gerarchica, improntata su rapporti di parentele e collaborazioni intersecate fra di loro in maniera equivoca. Leggio incaricò i suoi “scagnozzi” di liquidare la questione: il 10 marzo 1948 il sindacalista fu caricato in macchina, portato in un luogo appartato e giustiziato. Il suo corpo venne ritrovato molto tempo dopo, riconosciuto attraverso uno scarpone. In questo scenario difficile, Dalla Chiesa ebbe il primo duro impatto con la difficile realtà siciliana. Ufficiale severo, inflessibile, gran lavoratore, riuscì con abilità e pazienza ad incastrare tutti gli assassini di Rizzotto, incluso Leggio, ma il processo giudiziario si concluse con tutta una serie di assoluzioni per insufficienza di prove. Il giovane capitano venne di nuovo trasferito, al nord stavolta. Si trattò di un premio per la brillante inchiesta o di siluramento? Difficile dirlo, ma di fatto la Sicilia gli rimase nel cuore.
     Si aprì quindi per lui una breve parentesi, relativamente tranquilla, a Firenze, poi a Como, ed infine presso il comando della Brigata di Roma; durante questo periodo entrò in contrasto con l’allora generale Giovanni Di Lorenzo, diventato Comandante Generale dell’Arma, il quale aveva destinato Dalla Chiesa al comando degli Istituti di Istruzione in Piemonte. Di certo Dalla Chiesa vantava un curriculum di tutto rispetto, quindi poteva ricoprire agevolmente il ruolo: molti sostennero che Giovanni De Lorenzo (che aveva in corso la ristrutturazione totale dell’Arma) volesse che le Scuole Allievi Carabinieri fossero dirette da ufficiali di un certo valore, altri, i più maligni forse, sostennero la tesi che Dalla Chiesa fosse stato allontanato dalla Sicilia per “una certa situazione di comodo”, in quanto personaggio non troppo gradito. Di fatto, nel 1964 passò al coordinamento del nucleo di polizia giudiziaria presso la Corte
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Biografia, Carlo, Alberto, Dalla Chiesa, Generale, Mafia, Sicilia, Frank Coppola, Gerlando Alberti, Enrico Mattei, Placido Rizzotto