La rivisitazione degli anni Settanta non può non passare dai media in genere, la televisione in particolare, “Italia - Germania 4-3” ha rappresentato per un’intera generazione il ricordo legato ad un evento televisivo visto da tutta la nazione nei bar, nelle proprie case, da amici o nei campeggi, in quella lontana estate messicana del 1970 scandita dalla voce di Nando Martellini, “Rivera! Rete! 4-3 ancora Rivera, che meravigliosa partita ascoltatori italiani!”. Per i più curiosi: http://it.youtube.com/Nando Martellini. Questo è un esempio di come un evento televisivo ha segnato indelebilmente la memoria collettiva di questo Paese ed è possibile riviverlo nella mostra dove viene trasmessa la partita in un ambientazione tipica dei bar di quel periodo, con tanto di bancone in formica e gazzetta sui tavolini.
     La mostra ripercorre gli anni Settanta anche attraverso alcune installazioni dedicate a figure emblematiche di quegli anni di piombo, quali Moro e Pasolini: due artisti, Elisabetta Benassi e Francesco Arena, affrontano e si confrontano con due eventi tragici e cardine del decennio, le morti di Pier Paolo Pasolini e di Aldo Moro. Elisabetta Benassi presenta un'installazione dedicata a Pier Paolo Pasolini, mentre Francesco Arena ricostruisce a grandezza naturale la cella in cui è stato rinchiuso Aldo Moro.
     Lungo tutto il percorso sono inoltre presenti delle tavole sinottiche, ordinate cronologicamente, che permettono di individuare gli eventi più importanti in ambito storico e socio-culturale del periodo, da quelli sportivi come detto, a quelli politici, i cui toni erano decisamente più accesi di quelli contemporanei, nonché quelli culturali ed artistici. Tralasciando gli aspetti politici del decennio, che per certi versi il nostro Paese non ha ancora esorcizzato, meritavano certamente l’attenzione che gli stanno dedicando un po’ tutti gli anni Settanta, spesso bistrattati, sottovalutati, detestati, ma che rivisti oggi risultano molto creativi, talvolta ingenui, e ciò che allora appariva scandaloso e provocatorio si mostra oggi un po’ provinciale e solo un poco sopra le righe.
     Di certo sono stati anni nei quali la rivoluzione culturale iniziata alla fine degli anni Sessanta è stata completata, un’Italia che dalla TV in bianco-nero è passata al colore, nei quali il design è entrato nelle case di molti italiani, i vestiti hanno cominciato ad identificare anche socialmente chi li indossava, hippy, punk, pariolino, intellettuale radical, colletto bianco. La musica e l’arte hanno di certo rappresentato la parte migliore di quel periodo; l’abbandono dei mezzi canonici del fare arte (colore, pennelli e realismo come indirizzo culturale) ha spronato una generazione di artisti a confrontarsi con i nuovi mezzi a

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