LA CACCIA TRA REGIONE LOMBARDIA E COMUNITÀ EUROPEA
                                  di Pierluigi Piromalli

     La caccia rappresenta oggi una attività fortemente limitata dalle disposizioni della Comunità europea, organismo sovranazionale che ha modificato le regole di quella che, nata nei tempi antichi come pratica indotta da comprensibili necessità di sopravvivenza ed anche dalla cultura dell’epoca, si è trasformata in nobile arte nel corso dei secoli per diventare, nell’attualità, una vera e propria disciplina sportiva ed hobbistica, la quale annovera numerose schiere di amatori e praticanti in tutta la penisola.
     La legislazione nazionale, incalzata dalle decisioni comunitarie, ha progressivamente ristretto l’esercizio di questa attività percepita come incompatibile con l’ambiente e con la natura, messi già a dura prova dagli effetti spesso devastanti del progresso umano che purtroppo sta generando pesanti ricadute sull’ecosistema terrestre. L’opinione pubblica, sensibilizzata soprattutto a livello mediatico, ha, inoltre, acquisito una consapevolezza tale da considerare la caccia, soprattutto nelle società occidentali, come pratica ormai desueta, peccando, come spesso accade, di eccessi umorali ed ideologici.
     Per quanto concerne la realtà nazionale ed in particolare la Regione Lombardia si registra l’ennesima deroga alle tassative disposizioni comunitarie, che consente ai cacciatori di praticare l’attività allargando i limiti dei divieti imposti a livello europeo. La questione, in realtà, ha ragioni lontane in quanto sono anni che la Regione Lombardia, per accontentare evidentemente le associazioni dei cacciatori, continua ad approvare deroghe alle norme europee in materia. Questa tendenza, soprattutto in prossimità dell’inaugurazione della stagione venatoria, si rinnova insolitamente in quanto, pur cambiando diverse specie e quantità cacciabili, resta pressoché immutata la finalità della disciplina ed il Consiglio regionale, chiamato a legiferare in ambito territoriale, sembra non essere particolarmente sensibilizzato al riguardo, concedendo facili benestare agli amanti delle doppiette. La stranezza sta nel fatto che la Regione non potrebbe intervenire né derogare a norme che riguardano una materia regolata a livello comunitario, che tratta la salvaguardia soprattutto di specie migratorie protette, e quindi sottratta d’imperio a decisioni di organismi nazionali o amministrativi locali.
     Come succede in molte altre circostanze, per esempio in materia di inquinamento ambientale, la Regione è incorsa in procedure d’infrazione avviate dall’Unione Europea, incappando anche in una serie di sentenze sfavorevoli dei Tar, del Consiglio di Stato e della Corte Costituzionale. In particolare, le procedure d’infrazione europee, una volta concluso l’iter di verifica ed accertamento, si tradurranno in sanzioni che graveranno ovviamente sulle tasche dei cittadini. Proprio tale rischio aveva orientato il governatore Formigoni

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