rifiutata dai committenti per ragioni di decoro, ma venne acquistata dal duca di Mantova dietro consiglio di Rubens. Oggi il dipinto si può ammirare in tutta la sua bellezza a Parigi, al Museo del Louvre.
L’ammirazione per il pittore fu condivisa anche dal vicino di casa del suo protettore, il marchese Vincenzo Giustiniani, ricco banchiere genovese con una grossa influenza nella società pontificia e residente nel palazzo di famiglia accanto a palazzo Madama, residenza del cardinal Del Monte. Giustiniani fu protettore del pittore per molti anni, collezionò molte sue opere e contribuì più di ogni altra persona alla sua formazione culturale; inoltre, grazie alla propria influenza politica, salvò diverse volte l’artista dalle pesanti dispute legali nelle quali spesso e volentieri veniva coinvolto.
Il talento pittorico del Caravaggio faceva da contraltare ad un indole violenta ed aggressiva, che gli procurò parecchi guai durante la sua esistenza. Tanto per cominciare, nel 1600, durante la sua residenza a palazzo Madama, Caravaggio malmenò e percosse con un bastone Girolamo Stampa da Montepulciano, un nobile anch’esso ospite del cardinale. Questo fu soltanto il primo dei tanti guai dell’artista: Giovanni Pietro Bellori, uno dei suoi primi biografi, sostiene che già nel 1590-92 Caravaggio, già noto alle forze dell’ordine per le risse fra bande di giovinastri, aveva commesso un omicidio a causa del quale era fuggito da Milano a Venezia, per approdare poi a Roma. Il suo trasferimento nella capitale non era dovuto quindi ad un ben preciso iter artistico, ma la conseguenza di una fuga.
Nel 1602 dipinse “La cattura di Cristo” e “Amor Vincit Omnia” e nel 1603 fu processato per la diffamazione di un altro pittore, Giovanni Baglione, che querelò il Caravaggio ed i suoi seguaci colpevoli di aver scritto rime offensive nei suoi confronti. Condannato al processo, fu trasferito agli arresti domiciliari dopo aver soggiornato per un certo periodo alle carceri di Tor di Nona. Nel 1604 fu arrestato diverse volte per possesso abusivo d’armi ed ingiuria alle guardie cittadine e nel 1605 fu costretto a fuggire a Genova per un certo periodo, dopo aver ferito gravemente un notaio a causa di una donna. L’intervento dei suoi protettori riuscì a far insabbiare l’accaduto anche se, al suo ritorno a Roma, l’artista fu querelato dalla sua padrona di casa per non aver pagato l’affitto. Per ripicca, egli nottetempo prese a sassate la sua finestra, finendo di nuovo querelato.
Il fatto più grave, tuttavia, si svolse a Campo di Marzio, Roma, la sera del 28 maggio 1606: a causa di una accesa discussione causata da una irregolarità avvenuta durante il gioco della pallacorda, il pittore venne ferito e, a sua volta, ferì mortalmente il suo rivale, Ranuccio Tommasoni da Terni, con il quale aveva
|
|
|