L’atteggiamento del Governo è tuttavia apparso piuttosto altalenante ovvero in sintonia con l’approssimazione gestionale ed amministrativa di stampo tipicamente italico. L’eccessiva tolleranza denunciata dal ministro Maroni, quella che, parafrasando il pensiero del guardasigilli, sarebbe la causa indiretta dei tumulti, ha sollecitato reazioni contrastanti soprattutto da parte dell’opposizione, che ha accusato l’Esecutivo di liquidare i fatti accaduti rovesciando le responsabilità sulle amministrazioni locali senza, però, valutare i motivi ispiratori dei moti violenti.
     Ad oggi non è esattamente dato capire quali siano state le ragioni che hanno spinto centinaia di ragazzi di colore a questa campagna di devastazione della cittadina calabra, né è dato sapere se dietro queste violenze ci sia, come dichiarato pubblicamente da organi della magistratura, l’astuta mano di esponenti della ‘ndrangheta locale che potrebbero aver agito per finalità tuttora al vaglio degli inquirenti. Il fatto certo è che tra i rosarnesi e gli immigrati c’è stata una vera e propria caccia all’uomo, la quale non si sa fino a che punto possa essere considerata deriva razzista e xenofoba. Le violenze di Rosarno hanno, comunque, messo in evidenza la debolezza del sistema di accoglienza e di integrazione che ha favorito sistematiche forme di sfruttamento, anche da parte della malavita organizzata. Il Governo, ma più in particolare l’Italia parolaia e politicamente litigiosa, finisce per denunciare implicitamente, attraverso gli avvenimenti in questione, tutte le falle di un sistema sbagliato, non riuscendo a governare un fenomeno che sul territorio costituisce ormai una realtà ineludibile da gestire con attenzione e fermezza. Negare che la realtà di Rosarno, come altre realtà ignorate sul territorio, fosse sconosciuta non tanto all’opinione pubblica quanto, in particolare, alle Istituzioni, vorrebbe dire prendere in giro l’intera nazione. Limitarsi ad ammonire gli imprenditori che beneficiano di questa immensa forza lavoro, talora sommersa, prospettando loro sanzioni o condanne, è una vittoria di Pirro se non sarà accompagnata da una specifica, coordinata e capillare attività di contrasto ai fenomeni di illegalità e di sfruttamento del lavoro, regolare e non.
     La verità è che i poteri esecutivi, non solo l’attuale, si sono barcamenati nel corso delle legislature in finti proclami come la “tolleranza zero”, slogan assurto a criterio-guida della condotta istituzionale, ma rimasto un principio per lo più recepito sulla carta. Il problema vero, al di là di considerazioni di stile e di opportunismo politico, è che le leggi dello Stato rimangono troppo spesso inapplicate, in quanto fanno leva sull’inerzia delle amministrazioni locali e di un

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