l’angoscia che li attanaglia perché la malattia ha colpito un loro caro, che non si riesce a definire il giusto confine fra il somministrare la cura o lasciare che la malattia faccia il suo decorso naturalmente. Penso per esempio a persone molto anziane con una diagnosi di cancro dove forse, se non viene fatta la chemio con tutto il suo corollario di effetti collaterali, la qualità della vita residua può essere decisamente migliore. Altre volte ci sono malattie talmente aggressive che ti senti impotente di fronte a loro. Ti trovi davanti pazienti ai quali, se solo tu potessi, vorresti somministrare la ‘bomba atomica’ per guarirli… ma i tuoi sforzi sono vani, la malattia prende il sopravvento e noi ci dobbiamo ritirare… il tumore, è vero, è sempre più curabile, ma non è sempre così e noi lo dobbiamo tenere presente…”
     Chemioterapia, la cura del cancro che solo a nominarla fa paura. Perché secondo lei?
     “Beh, di certo i film ci hanno influenzato! L’immagine che ci viene proposta dai media è del malato che fa la chemio, pallido ed emanciato, con un foulard in testa e che gira in carrozzella… quindi una persona che riceve una diagnosi di cancro si terrorizza. Fortunatamente, non tutti i malati sono così, molti reagiscono benissimo alle cure! Certo, i farmaci che vengono somministrati sono pesanti, per assurdo alcuni dei farmaci più potenti sono anche ‘potenzialmente cancerogeni’. La chemio fa paura perché non è uno zuccherino, seguire queste terapie non è certo una passeggiata, ma molto dipende anche dalla sensibilità individuale di ogni malato: c’è chi la tollera bene, altri no.”
     “Alcuni di questi composti, quali per esempio adriamicina o cisplatino, danno effettivamente delle tossicità importanti, ma, fortunatamente, i nuovi farmaci che stanno uscendo dai laboratori di ricerca non avranno più queste tossicità così elevate, anche se non sono del tutto privi di effetti collaterali. Purtroppo la chemioterapia va fatta, per ogni malattia c’è il proprio protocollo di somministrazione, quello che statisticamente ha dato i migliori risultati in termini di sopravvivenza o di tempi di ricaduta della malattia. In molte patologie, per esempio le neoplasie del colon, viene somministrata anche post intervento e le statistiche di sopravvivenza a cinque anni sono notevolmente aumentate.”
     Cosa significa “sopravvivenza a cinque anni”?
     “Ovviamente stiamo parlando di dati statistici, non di aspettative di sopravvivenza alla malattia. Si utilizza questa finestra temporale in quanto proprio nei primi cinque anni si hanno le più alte possibilità di recidiva, di ricadute della malattia. Successivamente, possiamo avere dei casi che recidivino a distanza anche di 15-20 anni, ma, come diciamo noi medici, queste

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