Mastrovito ridisegna la scena dell’affresco ricavandone un’animazione proiettata direttamente sull’affresco, accompagnata dal clangore metallico della musica degli Slayer, South Of Heaven, 1988. Esso si anima grazie alla proiezione del suo disegno, la quale crea l’effetto aggiuntivo di un rigolo di sangue che, correndo lungo le pareti della chiesa, arriva sul pavimento trasfigurato in un tappeto di fiori, ormai classica tecnica con cui Mastrovito, piegando pagine di libri, crea un giardino di carta. Nell’ossario sotterraneo della chiesa viene proiettata l’immagine della testa decapitata del santo, come sepolto sotto il giardino fiorito.
Mastrovito, artista figlio del suo tempo, utilizza i linguaggi e le estetiche che più gli sono familiari: pescando dal mondo del fumetto, dell’animazione, della musica Pop e dalla cultura popolare in generale (è nota la sua cieca affezione ai colori nerazzurri dell’Atalanta). Rende una storia antica di 1800 anni atemporale e facilmente fruibile anche agli occhi di un bambino di 6 anni, stimolando l’osservatore attraverso la vista, l’udito ed in parte anche il tatto, in quanto il filmato meglio si osserva da sdraiati sul pavimento, che vibra, attraversato dai decibel della musica degli Slayer.
Questa mostra offre, inoltre, lo spunto per analizzare il controverso rapporto tra la chiesa e l’arte contemporanea, che in fondo riflette la società contemporanea. Da qualche anno la Chiesa italiana nella sua accezione più generale ha ripreso a dialogare, seppur con prudenza, con la contemporaneità, così com’era sempre avvenuto nel corso della sua storia millenaria, in cui ha sempre coinvolto e “sponsorizzato” i migliori artisti e architetti contemporanei, i quali dettavano le scelte estetiche ed architettoniche degli edifici di culto. La Chiesa, quindi, era parte integrante nella crescita culturale della società civile.
Questo spirito di filantropia e mecenatismo si è interrotto dalla metà del Novecento, quando la Chiesa ha dato l’impressione di non comprendere le nuove scelte estetiche dettate dal secolo più rivoluzionario della storia dell’umanità: il Novecento. Ha preferito soprattutto conservare quanto già realizzato. Ne sono purtroppo testimonianza quegli abominii artistico-architettonici di alcune Chiese o Oratori anni Cinquanta o Settanta, che stridono rispetto a quanto lasciatoci da certi Papi e Sacerdoti illuminati, per i quali gli esempi si sprecherebbero e non basterebbero 1000 pagine per dimostrare la bontà di questa affermazione.
Sono rari gli edifici costruiti negli ultimi sessant’anni in cui si avverte la volontà di dialogare con la contemporaneità, si possono citare tra gli altri
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