nulla. Un’illusione, un fantasma, un non essere è il virus malefico che infetta e fa impazzire i nostri cervelli. Una realtà virtuale è il motore delle nostre tragedie reali. Un sogno vano infiamma le nostre convinzioni e le nostre azioni. Viviamo in un incubo, avvelenati a morte da una pozione tanto inebriante quanto priva di sostanza, da un placebo dolciastro che ci appare come il rimedio prodigioso di tutti i mali.
In un racconto bellissimo e agghiacciante, “Il terremoto del Cile”, Heinrich von Kleist descrive con precisione la dialettica paradossale di questo nulla che ci possiede. Jeronimo Rugera e Josephe si amano segretamente. Lui è il povero precettore di lei, che è l’unica figlia di don Henrico Asteron, uno dei personaggi “più ricchi e nobili” di Santiago del Cile. Informato della tresca, Henrico rinchiude la figlia in convento, ma anche qui Jeronimo e Josephe riescono furtivamente ad amarsi, fino a quando lei rimane incinta e cade in preda alle doglie sulla scalinata della cattedrale, davanti agli occhi inorriditi delle suore. Scoppia lo scandalo, la città intera è sgomenta per l’enormità del peccato commesso dai due turpi amanti. Nessuno mostra un segno di comprensione o di pietà. Il processo è istantaneo. La fanciulla è condannata al rogo, ma il viceré, in ossequio all’alto rango di Josephe, le accorda la “grazia” della decapitazione. Jeronimo, intanto, è rinchiuso nel carcere, anch’egli in attesa del suo destino. Arriva il giorno fatale. E mentre Josephe viene condotta in corteo verso il palco del supplizio, Jeronimo si annoda uno straccio intorno al collo e s’accinge ad impiccarsi. Proprio in quel momento avviene la catastrofe. Mentre suonano le campane che accompagnano Josephe alla morte, un terremoto di inaudita potenza scuote Santiago e la rade al suolo completamente. Un’immensa nuvola di polvere e di fumo si solleva dal cumulo sterminato delle macerie e degl’incendi. Si sbriciola anche il carcere e Jeronimo, salvo per un miracolo, si trova all’improvviso in libertà. Fugge, ma il suo primo pensiero è ritrovare l’amata. E in effetti anche lei, essendosi salvata e ritrovandosi libera e sola, non fa che cercare il suo amore. Vagando tra le rovine, i due finalmente escono dalla città, s’incamminano tra le colline, si uniscono a gruppi di sopravvissuti che cercano un luogo sicuro ove passare la notte. E poco prima del tramonto s’incontrano, si riconoscono, si abbracciano gioiosamente.
Ma è qui che accade il miracolo vero. I due amanti, naturalmente, temono di essere identificati da qualcuno e quindi denunciati e riconsegnati alle autorità. Eppure nulla di tutto ciò accade. Anzi, avviene l’opposto. Un uomo e una donna, marito e moglie, riconoscono Josephe e la trattano col massimo del rispetto e
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