gli ingredienti originali.
Doc, Docg e Igt, significano rispettivamente “Denominazione di Origine Controllata”, “Denominazione di Origine Controllata e Garantita” e “Indicazione Geografica Tipica”. Sono marchi di qualità attribuiti prevalentemente ai vini italiani; il riconoscimento più conosciuto è Doc ed indica che il vitigno utilizzato per la produzione vinicola proviene esclusivamente da una determinata zona agricola, mentre Docg significa che il vitigno proviene da una determinata zona agricola e i vari processi di vinificazione sono accuratamente controllati e verificati da organismi competenti. Il marchio più “prestigioso”, invece, è il misconosciuto Igt, attribuito solo a vini prodotti in alcune grandi zone vitivinicole. Al nome designato per il vino, in etichetta può essere aggiunto il nome del vitigno o il colore del vino e, particolare importante, questo marchio può essere concesso solo a quei vitigni che non hanno mai ottenuto la denominazione Doc o Docg. Qualora la zona di produzione sia di dimensioni significative, anch’essa può essere riportata in etichetta. Famosi Igt sono, per esempio, il rosso Bordeaux, prodotto in una esclusiva regione del sud ovest della Francia, oppure il nostro italiano bianco Cerreto, prodotto in Toscana. I vini Doc italiani sono tanti, per esempio il toscano Chianti, il piemontese Barbera o il veneto Prosecco di Valdobbiadene, mentre Docg sono gli altrettanto conosciuti Amarone della Valpolicella, Barolo e Barbaresco.
Ora, leggendo il rapporto Qualivita 2010 (fondazione che tutela, promuove e valorizza i nostri prodotti alimentari) l’Italia si piazza al primo posto nel mondo con ben 216 prodotti che hanno ottenuto una certificazione di qualità, ma, leggendo i numeri relativi alle vendite dei singoli prodotti, un dubbio sorge spontaneo: se le prime dieci denominazioni, Parmigiano Reggiano Dop al primo posto, seguito da Grana Padano Dop, Olio extravergine toscano Dop, Pecorino Romano Dop, prosciutto di Parma Dop, Gorgonzola Dop, speck dell’Alto Adige Igp, prosciutto San Daniele Dop, mortadella Bologna Igp e bresaola della Valtellina Igp, da sole costituiscono l’80% del fatturato della produzione, stimato in 5,3 miliardi di euro (fonte Ismea), che ne è degli altri 206 prodotti? Valgono niente? Lo stesso interrogativo ce lo poniamo davanti agli scaffali: oltre ai succitati prodotti, qualcuno di voi ha mai visto in vendita la mozzarella Sibilla Stg o il salame Sant’Angelo Igp? Che differenza c’è fra il gorgonzola Dop e lo zola? È giusto pagare il 20% (almeno) di prezzo in più per questi prodotti rispetto a quelli senza bollino? Avere il bollino significa quindi avere un prodotto di maggior qualità?