Basta però con quei ricordi. Potrei riempire varie pagine rammentando altri particolari. Mi preme solo arrivare ad un’unica immagine. La più forte, la più impressionante ed indelebile: quella dell’antico Cimitero Ebraico di Praga. Non ci crederete, ma quel luogo incredibile e unico al mondo, che oggi è meta di folle incessanti di visitatori in ogni stagione dell’anno, era allora totalmente squallido e deserto. Dove ora si entra faticosamente a turno, pagando, sotto rigido controllo e coi biglietti numerati, allora si passava gratis, osservati soltanto dai corvi che svolazzavano intorno. Tutto lì era scuro e sinistro, come in certi film dell’orrore dai lugubri effetti in bianco e nero. Le centinaia di lapidi sbrecciate, sbilenche, accavallate, fittamente seminate senza ordine in quel recinto separato dal mondo, tra vialetti angusti e sassosi e alberi malinconici, obbligavano al silenzio e inducevano a uno sgomento carico di riflessioni e di suggestioni. Eppure, a poco a poco, quella cupa emozione raggelante si scioglieva in un sentimento strano di fascino e di ammirazione. Si era come dominati da un arcano, da una potenza invisibile ed inspiegabile, che attraeva, che obbligava a soffermarsi davanti a quei marmi corrosi e incisi di misteriose scritte in caratteri ebraici. Segno di vite antiche. Vite trapassate, remote, per lo più oscure, pur sempre vite: non per nulla gli ebrei chiamano il cimitero “bet hayyim”, la “casa dei viventi”. E tra quelle lapidi ve ne fu una in particolare che ci costrinse a una lunga sosta di meditazione: è quella che segna il luogo in cui, il 18 settembre del 1609, venne sepolto il corpo del celebre Rabbi Löw. Il rabbino di Praga che ha legato il suo nome alla fosca leggenda del Golem.
     Di che si tratta esattamente? Molto è stato detto, a proposito e a sproposito, su questa storia affascinante, che ha ispirato film e romanzi, studi serissimi, interpretazioni mistiche, favole e barzellette. Io qui mi atterrò unicamente ai dati essenziali della vicenda, così come furono verificati sulle fonti storiche e riferiti da studiosi della tradizione ebraica del calibro di Gershom Scholem e di Martin Buber. Ebbene, tutto ebbe inizio, si può dire, in un giorno ben preciso: il 16 febbraio del 1592. Quel giorno accadde a Praga un fatto inaudito. L’imperatore Rodolfo II d’Asburgo mandò a chiamare Rabbi Löw. Lo pregò di recarsi al Castello e si appartò con lui per ore e ore in una stanza segreta del Palazzo Reale. Perché? Perché il cristianissimo sovrano volle ricevere in privato, come un vecchio amico, il rappresentante supremo degli odiati giudei “assassini di Cristo”? Nessuno lo seppe mai. Il colloquio avvenne nella massima riservatezza: nessuno poté udire ciò che si dissero l’imperatore e il rabbino. Tuttavia, le voci cominciarono subito a circolare. Tutta Praga sapeva che Rabbi Löw era un

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