hanno voglia di uscire, muoversi un po’, stare a contatto con la natura, si occupano di innaffiare le piante, nella bella stagione possono stare all’aperto quanto vogliono, escono da soli, solo in inverno la porta viene chiusa e devono chiedere per uscire, al fine di evitare che escano senza coprirsi e prendano freddo.”
Quali sono le attività specifiche “dedicate” a questi pazienti rispetto ai vari livelli di gravità della malattia?
“Abbiamo, naturalmente, alcuni pazienti che sono in una fase moderata della malattia, altri in una fase più avanzata, è chiaro che tutto il programma di vita varia a seconda di questo livello, ma anche secondo la preferenza della persona, per cui, nella fase lieve e moderata noi abbiamo un programma di stimolazione cognitiva formale, con momenti in cui è presente la psicologa, con terapie di orientamento nel tempo e nello spazio, le quali vengono fatte durante la giornata. Ci sono attività con l’utilizzo di animali, dei momenti di attività motoria, deambulazione, un programma di musicoterapia. Un importante lavoro che fanno i pazienti è sulle attività spontanee, aiutano a preparare la tavola, si rifanno il letto, riordinano il proprio armadio, mentre l’operatore, in caso di difficoltà del degente, lo aiuta, ma attenzione, non interviene mai da solo, sempre con l’assistito per non violare il suo spazio privato. Le attività spontanee riguardano anche bagnare i fiori, dar da mangiare al criceto.”
“Per le persone ad uno stadio più avanzato ci sono altre attività più mirate, dal massaggio all’ascolto della musica; abbiamo solo una paziente che usa la bambola come attività terapeutica, proprio per la sua storia di vita personale e per il suo bisogno di un ruolo materno. Tra le varie attività sono comprese anche quelle socializzanti, per cui i pazienti non stanno sempre in struttura. Si organizzano uscite, questo si rivela fortemente terapeutico, sono stati al roseto della Villa reale, al Duomo; oltre alle attività sociali che praticano con i familiari, vanno alla Santa Messa, vanno al bar, pranzano con i familiari che, prenotando, possono mangiare all’interno della struttura o, se preferiscono, possono portarli a casa propria.”
Quali sono le difficoltà maggiori che si riscontrano nella gestione dei pazienti che hanno questo tipo di patologia?
“La difficoltà maggiore che abbiamo incontrato è stata quella di aggiungere ad una buona organizzazione, attenta alla qualità del servizio, una certa flessibilità, in grado di ruotare realmente intorno ai ritmi delle persone. Noi abbiamo avuto l’appoggio totale del responsabile della struttura e da parte della direzione,