separatismi strumentali e populisti che hanno trascinato il Paese nell’inerzia nella quale si trova, privandolo di quelle riforme strutturali che, se tempestivamente adottate, lo avrebbero senz’altro posto nelle condizioni di svolgere un ruolo più incisivo nella gestione della crisi finanziaria globale.
     L’asse franco-tedesco, che detta le regole dell’Unione e che da parte propria aveva già i requisiti strutturali per tamponare gli effetti devastanti della crisi, ha beneficiato anche delle falle italiane che i politici nostrani hanno colpevolmente creato rifiutando di perseguire quella saggia lungimiranza amministrativa barattata, invece, con l’interesse personale alla conservazione dello scranno e del consenso elettorale. Questa miopia politica non ha saputo né voluto leggere gli importanti eventi precursori della crisi e non ha saputo decifrare i segnali che provenivano dall’esterno adottando provvedimenti che arginassero anzitempo le imminenti difficoltà economiche e che ponessero il Paese in una posizione meno attaccabile rispetto a quella attuale. Vale allora la pena di richiamare ciò che i più acuti economisti avevano previsto e cioè che la Germania, il paese che oggi agita le paure continentali insieme alla Francia, nel bel mezzo dell'attuale crisi mondiale è diventata, dopo la Cina, il secondo paese esportatore del mondo, rafforzando la propria crescita economica e facendo leva sulla complessivamente debole economia europea e sulla crisi dei vari debiti pubblici, tra i quali quello italiano.
     Mentre l’Italia sta alla finestra sperando in Monti quale ‘Deus ex machina’, c’è chi, come appunto la Germania, gode di un enorme vantaggio competitivo rispetto agli altri partners europei, condizione che ha consentito a Merkel e soci di presentarsi sul palcoscenico europeo per imporre regole alle quali assoggettare il resto dell’UE. La Germania, contrariamente all’Italia, che ha pesantemente pagato dazio per una mancanza di credibilità politica, ha saputo perseguire una maggiore equità sociale, una occupazione stabile, un costante sviluppo economico e una grande competitività nelle esportazioni, fattori raggiunti grazie alla moneta unica, ma che hanno trovato una maggiore sensibilità nella classe dirigente tedesca.
     Agire oggi sull’impulso emotivo dell’irrealistico (si spera) tramonto dell’Euro come moneta unica per richiedere interventi strutturali alle economie europee più deboli rappresenta, in realtà, il pretesto per rafforzare i Paesi già solidi e più affidabili dal punto di vista politico e sotto questo profilo l’Italia si è giocata, nell’ultimo decennio, una buona fetta di credibilità internazionale, pur avendo

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