grave entità. Una giustizia vendicativa e non rieducativa, infatti, non riduce la criminalità né porta ad un miglioramento nei rapporti umani e dal lontano mondo anglosassone d’Oltreoceano giungono esempi chiari circa la sostanziale inutilità della pena di morte, che alcuni Stati americani ancora adottano, ma che da molti è considerata una punizione esemplare solo per dissuadere i cittadini dall’omicidio. Del resto non è una novità che la violenza generi nuova violenza e questa è la conclusione dei grandi pensatori dal mondo antico a quello contemporaneo.
Oggi, la ricerca scientifica avvalorerebbe le loro tesi perché gli studi antropologici e genetici confermano che l’aggressività, nelle sue varie forme, è nella maggioranza dei casi scatenata da fattori ambientali, come il disagio sociale, la povertà, le violenze e gli abusi subìti durante l’infanzia. V’è chi, invece, considera che un determinato reato possa essere riparato, per la sua gravità, solo con il carcere a vita, come estremo supplizio, escludendo alla radice qualsivoglia forma di ravvedimento.
L’argomento non è di facile trattazione, soprattutto se si tiene conto che il nostro Paese deve fare i conti anche con realtà criminali radicate sul territorio, come quelle mafiose, che lasciano dietro di sé lunghe scie di sangue. I reati commessi dagli appartenenti a questi sodalizi hanno peraltro spinto il legislatore ad introdurre l’istituto dell’ergastolo ostativo, il cosiddetto “fine pena mai”. Costoro, in base al regime carcerario loro imposto, non potranno beneficiare di alcuna pena alternativa, né potranno sperare in futuro di scoprirsi cambiati e meritevoli di un’altra possibilità e sono perciò condannati ad essere espulsi per sempre dal consesso umano. Una sorta di morte al rallentatore controllata, prevista e agevolata da questa forma “ostativa” dell’ergastolo, che è alternativa a quella ordinaria. Quest’ultima, infatti, concede al condannato la possibilità di usufruire di permessi premio, di semilibertà o di liberazione condizionale, tanto che la grande maggioranza degli ergastolani, dopo ventisei anni di reclusione, potrà accedere alla liberazione anticipata secondo precise modalità.
L’ergastolo ostativo, nato del 1992 come muscolare risposta dello Stato alla guerra dichiarata da Cosa nostra con le stragi nelle quali morirono i giudici Falcone e Borsellino e poi con gli attentati di Milano, Roma e Firenze, nega fin dalla sentenza e in modo perpetuo ogni vantaggio penitenziario per tutti gli imputati condannati per associazione mafiosa o per reati assimilabili, salvo essi non collaborino con la giustizia. Il ricorso a questa speciale forma di detenzione striderebbe, ancora una volta, con il dettato costituzionale, non prevedendo