riesce ad apprendere nuove informazioni, la sua autonomia si riduce e si presentano anche disturbi del comportamento. La fase avanzata (ultimo stadio) può durare alcuni anni, il malato decade anche dal punto di vista fisico, perde progressivamente la capacità di camminare, di controllare urina e feci, di alimentarsi; non riconosce più i propri familiari, smette di parlare e si chiude sempre più in se stesso. La morte di solito sopraggiunge per complicanze infettive, esempio per una broncopolmonite. Ovviamente questo schema è assolutamente generalizzato, ogni malato è una storia a sé.
Bisogna sempre rivolgersi ad un centro altamente specializzato per avere una diagnosi certa della malattia in quanto è facile confonderla con un decadimento cognitivo di tipo differente, con decorso diverso e meno grave. Il percorso diagnostico si basa sul colloquio con il sospetto malato e con un suo famigliare (anamnesi), una visita medica (esame obiettivo), esami del sangue e strumentali (TAC, Risonanza magnetica) e test neuropsicologici. Ovviamente, come dicevamo prima, la diagnosi della malattia di Alzheimer è difficile e il medico rigoroso propone di ritornare dopo sei mesi per una nuova valutazione, in quanto è difficoltoso diagnosticarla e differenziarla da un decadimento fisico-psichico, a meno che non si documenta un peggioramento delle condizioni del paziente progressivo e continuo nel tempo. Alla fine, la diagnosi è sempre di “probabile malattia di Alzheimer”, in quanto la certezza la si può dare solo con la biopsia al cervello post morte.
Quanti sono i malati di Alzheimer nel mondo? Secondo una ricerca pubblicata dalla rivista scientifica “Lancet” nel 2005, sono stati calcolati circa 24,1 milioni di ammalati nel mondo, con un nuovo malato ogni 7 secondi, mentre la proiezione per l’anno 2040 è di circa 81,1 milioni di malati. In Italia, i pazienti affetti sono attualmente 600.000 e si stima che ci siano circa 80.000 nuovi casi ogni anno. L’ Alzheimer colpisce sia gli uomini quanto le donne (in forma maggiore queste ultime) ed è più frequente nelle persone anziane, anche se sono stati descritti casi precoci fin dall’età di 40 anni, casi per fortuna rari.
Quali sono i farmaci ad oggi in uso per la cura di questa patologia? Quelli disponibili oggi appartengono ad un'unica categoria, quella degli anticolinesterasici, e sono tre: donezepil (Aricept, Memac), rivastigmina (Exelon, Prometax) e galantamina (Reminyl). Essi agiscono aumentando i livelli di acetilcolina nel cervello, favorendo in tal modo la trasmissione dell’impulso nervoso. La loro efficacia è stata dimostrata nel 60-70% dei pazienti trattati e vengono utilizzati per ridurre i sintomi e rallentare il decorso della malattia.
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