la politica ci ha somministrate: il volto imbalsamato in un sorriso (chissà per cosa ridesse…) di un Prodi; il volto truccato e la mise casual con tanto di bandana di un Berlusconi per finire con quella seria e perennemente pensierosa (e sì, qui ci sono i motivi di questa preoccupazione costante…) di un Monti.
A parte il pettegolezzo gratuito, leggere quegli articoli induce proprio alla tristezza: abbiamo avuto economisti preparati, sono stati ministri e commissari europei, hanno proposto piani di rientro per il 1992, che poneva come obiettivo “la conversione del fabbisogno al netto degli interessi” […], ”il progressivo minor ricorso all’assunzione di nuovi debiti”. Sempre motivo di riflessione, “Pensioni, riforma possibile”, l’autore è Onorato Castellino, il fatto che l’articolo, dopo aver sottolineato le diverse normative riguardanti il fondo pensioni lavoratori dipendenti, la gestione speciale per lavoratori autonomi e i regimi del pubblico impiego nonché le prospettive di interventi sui tre sistemi previdenziali, si sbilanci in “benché il dibattito sulle proposte di riforma (ormai avanzate e discusse da oltre dieci anni, eravamo nel 1989!) sia stato oltremodo acceso e confuso, “è bene dire forte e chiaro che il sistema previdenziale italiano non ha bisogno di amputazioni traumatiche, le quali sovvertano gli istituti e incidano crudelmente sui livelli di tutela ormai incorporati nelle aspettative di ogni lavoratore. Sono sufficienti misure, se non indolori, certamente accettabili e tollerabili”. Suggerimenti: armonizzazioni delle normative; graduale aumento dell’età pensionabile; allungamento del periodo di computo della media retributiva; arginamento delle forme patologiche per il sistema (pensionati giovani, invalidità fittizie, integrazioni al minimo non giustificate da stati di bisogno).
L’amara conclusione è che le innovazioni dovrebbero rispettare quelli che si considerano diritti acquisiti e la liquidazione delle nuove pensioni; pertanto potrebbero agire con un effetto che si manifesterebbe solo dopo molti decenni ed è la maggiore difficoltà che incontra ogni riforma previdenziale.
Cosa possiamo dire di come i politici (ma anche di come molti di questi tecnici che hanno ricoperto cariche ministeriali o ideologiche all’interno dei partiti) hanno operato e risolto i nostri (penso che i loro siano sistemati per benino…) problemi? Certo non sento dalla gente altro che rassegnazione di fronte alle lacrime di chi andrà in pensione con il vecchio regime (la sua riforma non la tocca direttamente…), di chi ringrazia gli italiani dei loro sacrifici (ma potrebbero comportarsi diversamente quando hanno uno stipendio fisso,
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