fiction (narrativa, -3,7%) e non fiction generale (saggistica, -1,9%), mentre in controtendenza è soltanto il settore dei libri per ragazzi, che, da gennaio ad aprile di quest'anno, ottiene un +4% a valore e un +6% a volume. Infine, continua la sofferenza delle librerie indipendenti, che riducono ancora la loro quota di mercato: dal 37,1% del primo quadrimestre 2012 al 35,6% dello stesso periodo quest'anno, mentre la quota coperta dalle librerie di catena è leggermente aumentata, dal 41,5% del 2012 al 42,2% del 2013. La vendita on-line è al 6,3%, in aumento ma ancora piuttosto marginale.
     Insomma, dati parecchio foschi, appunto, in qualche modo richiamati anche dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel videomessaggio inviato per l’inaugurazione del salone, con il quale ha stigmatizzato la desuetudine degli italiani alla lettura. Eppure, bastava essere presente nei padiglioni del Lingotto per denotare anche solo visivamente un cospicuo aumento del pubblico presente rispetto, ad esempio, alla scorsa edizione, cosa che farebbe pensare a quei dati negativi sulla vendita di libri come a delle poco attendibili voci di Cassandra… ma è il solito effetto “cattedrale nel deserto” quello che offre il Salone di Torino, in ciò effettivamente ben rappresentato da quel essere “pop” che l’assessore regionale Coppola ha rimarcato all’inaugurazione. “Pop” ovvero popolare, attinente alla cultura di massa: è vero, la lettura è una cosa talmente importante per una buona società civile da non poter che sperare sia diffusa il più possibile, dunque, veramente “di massa”, tuttavia, il termine “pop” indica anche una peculiarità mediatica della cultura contemporanea, per questo di livello sovente inferiore rispetto a quello che, l’arte letteraria, in qualsiasi forma, dovrebbe rappresentare.
     Per essere chiari, la lettura deve essere “pop”, di sicuro, ma il libro - e di rimando l’intero panorama letterario ed editoriale - non troppo, altrimenti si degrada allo stato di mero oggetto di consumo.
     Vogliamo ad esempio parlare dei libri di ricette che spuntavano ovunque (molti validi, senza dubbio, ma quanti invece del tutto inutili?), con tanto di cucina, allestita nel padiglione 3, nella quale chef vari e assortiti cucinavano insieme a note presentatrici di relativi programmi TV? Più “pop-mediatico” (e futile qui, mi si consenta) di così!
     In effetti, anche quest’anno il Salone del Libro non è sfuggito da quell’immagine a metà tra una grande sagra paesana e un supermercato dei libri, che da qualche tempo offre: nulla di male, sia chiaro, anzi, molto divertente, ma da più parti mi hanno denotato come, a differenza di similari

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