eventi esteri (Londra, Francoforte), sembra sia data maggiore importanza alla mera vendita dei libri piuttosto che alla primaria e basilare “missione” di diffusione e salvaguardia della cultura letteraria, anche in ambito più specificatamente professionale. Viene inevitabilmente da pensare che ogni libro acquistato al salone è un libro in meno venduto in libreria, magari, insisto, in una libreria indipendente, e tale fatto non mi sembra, in tutta sincerità, così positivo per un evento che invece dovrebbe difendere i librai con grande forza, senza contare ciò che già altri hanno denotato, ovvero che sovente il visitatore dell’esposizione è attratto in esso dal fascino dell’evento in sé più che da un autentico interesse verso la letteratura e la lettura e magari viene a Torino, vede da vicino qualche personaggio famoso, compra pure qualche libro ma poi, per il resto dell’anno, non entra più in libreria…
I librai, appunto: a ben vedere sono mancati, pur rappresentando l’elemento forse principale dell’intera filiera editoriale, nonché, l’ho pure io più volte rimarcato nei miei interventi per Infobergamo.it, un vero e proprio presidio culturale sparso sul territorio nazionale al servizio e a disposizione di tutti. Non sarebbe male se pure loro, in un evento così omnicomprensivo, fossero in qualche modo presenti, quanto meno a livello di categorie professionali nazionali o locali, dato che la loro assenza pressoché totale rende piuttosto palese l’impressione di come siano un po’ abbandonati al loro destino, schiacciati dalle librerie di catena – di proprietà dei grossi gruppi editoriali – e dall’espansione dell’editoria digitale, vera e propria razza in via di estinzione, che mai nessuna pur meravigliosa libreria griffata potrà sostituire.
È una questione in parte assimilabile a quella degli editori indipendenti – i piccoli e medi, per intenderci – la cui netta diminuzione lo scorso anno fu motivo di numerose perplessità, ma che non mi pare quest’anno tornati ad occupare i, spesso troppo costosi, stand del salone, nonostante l’organizzazione ne avesse fatto, a parole, un preciso obiettivo di questa edizione. Torino resta comunque sbilanciato a favore della grande editoria – anche per ovvie ragione di convenienza politica ed economica – e anche “l’incubatore dei piccoli editori”, iniziativa nata quest’anno per supportare appunto le più piccole realtà, mi pare ancora poca cosa rispetto a tutto il resto: apprezzabile, certamente, ma occorre fare di più se non si vuole che pure il salone, più o meno indirettamente, finisca per favorire una situazione di mercato di natura oligarchica, in Italia.
Molto bello invece lo spazio dedicato al Cile, Paese ospite di questa edizione, veramente ricco di notevolissimi autori, le cui immagini campeggiavano su